Presso la nostra sede il documento “La scuola che verrà” è stato oggetto di studio e di riflessione individuale, nonché di discussione in gruppi di lavoro distinti, successivamente riunitisi in forma plenaria. Dal confronto costruttivo e democratico, che da anni caratterizza il modus operandi di noi tutti, colleghi dell’istituto, è emerso quanto qui di seguito sintetizziamo.
Il documento ha l’indubbio merito di favorire la riflessione e la discussione attorno agli aspetti legati alla scuola in generale, all’operatività didattica e alle metodologie adottate quotidianamente in aula con le classi. Esso esprime nobili principi che tutti i docenti condividono, quali l’idea di una scuola aperta e democratica, in cui sia possibile “imparare meglio e costruire un sapere più solido”, il principio dell’educabilità di ogni allievo, di una scuola che includa e non escluda e che, non da ultimo, offra a tutti i ragazzi pari opportunità. Ciò detto, ci preme sottolineare le nostre condivise perplessità sul documento, che nulla hanno a che fare con il timore di una virata nelle abitudini e stili di insegnamento dei singoli docenti, ma che nascono dal nostro quotidiano confronto con la realtà scolastica, dalla riflessione su quanto abbiamo vissuto e stiamo vivendo nel mondo della scuola.
Il collegio docenti della scuola media di Canobbio si trova concorde nel ritenere “La scuola che verrà” il frutto di una visione utopica e poco realistica della scuola, a partire, anzitutto, dal protagonista chiave di quest’ultima: l’allievo adolescente. Nella pratica professionale ci troviamo molto raramente di fronte ad allievi consapevoli dei propri diritti e doveri, dotati di una spiccata conoscenza di se stessi e di sé in relazione con gli altri e capaci di situarsi, muoversi senza difficoltà e responsabilmente nella realtà in cui sono inseriti.
Gli adolescenti con i quali ci si confronta quotidianamente esprimono bisogni e necessità che delineano un modo di fare scuola difficilmente compatibile con “puntuali presentazioni plenarie, tipo conferenze” o lezioni organizzate in “grandi gruppi composti di più classi”. Tale visione può essere immaginata per una fascia di studenti appartenenti alle ultime classi di scuola media superiore. Gli allievi della scuola media richiedono un’attenzione personalizzata che i docenti non sarebbero in grado di offrire in simili contesti.
Preoccupa, inoltre, la mancanza di un nesso chiaro tra idee e mezzi finanziari, tra teoria educativa e pratica professionale sul campo; in esso, infatti, si legge:
“Per questa prima fase la scelta è stata quella di concentrare l’attenzione sui principi e sulle idee generali (…). Non vi sono invece i dettagli applicativi (…)”.
“In un secondo momento andrà condotta la discussione su dettagli e condizioni che (…) rappresentano elementi indispensabili alla realizzazione del progetto”.
“Questo primo documento non vuole e non può (…) entrare troppo nelle dimensioni operative, che
saranno oggetto dei lavori successivi”.
Non si può nascondere la preoccupazione di fronte a un documento che non approfondisce sufficientemente il discorso relativo alla sua realizzazione pratica. Risulta quanto meno difficile aderire ad un progetto, come quello esplicitato nel documento “La scuola che verrà”, fatto sì, di indiscutibili buoni propositi, ma scevro di indicazioni chiare e precise relative alle modalità operative. Destano perplessità i riferimenti ad un secondo momento. Una domanda sorge spontanea: come si intende organizzare una scuola contraddistinta da “lezioni, laboratori, atelier, settimane progetto, co-teaching, griglie orarie diverse nel corso dell’anno scolastico, organizzazione modulare di alcune discipline”? A livello pragmatico, dunque, come funzionerà questa nuova scuola? Il modus operandi del corpo docente cambierà? E se sì, in che modo e in quale direzione?
Si tratta di domande che preoccupano tutti gli operatori scolastici e che necessitano in tempi brevi di una risposta concreta.
Il paragrafo 4) rinvia ulteriormente alle preoccupazioni di cui sopra. Citiamo.
“Anche spazi attualmente poco sfruttati, quali ad esempio i corridoi e gli atri delle scuole, possono trasformarsi in luoghi flessibili, utilizzati ad esempio per attuare la differenziazione, lavorare a gruppi o permettere agli allievi di studiare e ritrovarsi. Non è quindi necessario e ovviamente neppure possibile costruire ex novo tutti gli edifici”. Come si possono immaginare simili scenari senza avere, probabilmente, le risorse logistiche e finanziarie per la loro realizzazione?
Il collegio dei docenti della Scuola Media di Canobbio ricusa il documento “La scuola che verrà”: ci si trova dinanzi ad una scuola che non c’è, non è descritta. Quanto emerge dalla lettura è un utopico ideale di scuola che si fa fatica a mettere in relazione con la realtà della scuola dell’obbligo
del nostro Cantone.
Il collegio dei docenti della Scuola Media di Canobbio desidera una “scuola che verrà”, sì, ma che evolva a passi umani e non da giganti. Una scuola che non sia uno tsunami di proposte scollate dalla realtà e che non sono scaturite da chi opera realmente sul campo (che non è stato a nostro avviso sufficientemente rappresentato nel gruppo di lavoro che ha redatto il documento). Una scuola i cui contenuti non siano disgiunti dalla forma. Una scuola dove sia ben chiaro cosa insegnare, ancor prima di quando, come e dove.