Ai Consiglieri di Stato,

Ai parlamentari del Cantone Ticino.

 

Da parecchi anni governo e parlamento adottano misure di contenimento della spesa statale che colpiscono pesantemente il servizio pubblico, i dipendenti cantonali e la scuola. Tra queste, proprio di recente, ve n’è stata una che rappresenta un unicum a livello federale: il mancato riconoscimento del carovita per l’anno 2024. Una misura proposta con una “compensazione” di 400 franchi e due giorni di vacanza supplementari.

Anche il preventivo 2025 annuncia in prospettiva ulteriori tagli e la diminuzione degli investimenti nell’ambito scolastico.

 

Notiamo innanzitutto che la mancata compensazione del rincaro ai dipendenti dello Stato ha effetti che si ripercuotono sull’arco di tutta la carriera (traducendosi in una perdita di migliaia e persino decine di migliaia di franchi). Questo mentre è ormai sotto gli occhi di tutti il progressivo deteriorarsi delle condizioni di lavoro nella scuola e l’oggettiva accresciuta difficoltà del compito educativo.

Lo stillicidio di misure di risparmio non fa che aggravare la condizione dell’insegnante e si ripercuote sull’attrattiva della professione. Può permettersi, un cantone già oggi agli ultimi posti in Svizzera per quanto concerne l’investimento nell’educazione, di indebolire ulteriormente la dignità del lavoro nelle scuole?

L’istruzione scolastica pubblica è, quanto a risultati ottenuti, un vanto per il Ticino. Lo è grazie alla qualità dell’impegno profuso dagli insegnanti. Non vorremmo che si eroda progressivamente anche questa pubblica ricchezza.

 

Una nota ben più allarmante concerne l’idea di chiudere la scuola (il 20 dicembre e il 7 gennaio p.v.) stabilendo così un insano rapporto fra ragioni di risparmio e mancato impegno dello Stato nell’offerta di formazione. Cancellare per decreto due giornate di scuola è opzione eticamente e istituzionalmente preoccupante! La responsabilità educativa affidata agli insegnanti e alla scuola non può venir meno per ragioni contabili.

Uno Stato democratico ben sa quanto l’istruzione scolastica possa rappresentare per la crescita dei giovani cittadini e del paese, mentre con questa decisione paradossale colpisce il diritto allo studio degli allievi e manda un messaggio forviante anche sull’importanza dei maestri, dei professori e degli insegnanti tutti.

 

Accettare senza proferir parola questi giorni di vacanza (che nessun docente aveva richiesto) vuol dire fare un passo di cui simbolicamente e concretamente pagheremo il conto negli anni a venire. Da qui la volontà di esprimere, con questa lettera aperta, il nostro dissenso.

Tanto le condizioni salariali e di lavoro del personale docente quanto la difesa di un’istituzione fondamentale per la coesione sociale, la crescita civile e il diritto allo studio dei giovani devono essere salvaguardate.

Per queste ragioni è ora di smettere di ridurre le risorse a disposizione della scuola e degli insegnanti. Per queste ragioni la scuola non può essere chiusa con tanta leggerezza.

Coordinamento 20 dicembre