Pubblichiamo qui di seguito la Risoluzione congiunta adottata, negli scorsi giorni, dai collegi docenti di tutte e sette le Scuole medie superiori del Cantone Ticino (licei e Scuola cantonale di commercio), al fine di esprimere, a una voce sola, la propria indignazione e i propri timori in relazione alle pesanti misure di risparmio previste dal Preventivo 2024.

1. Il continuo peggioramento delle nostre condizioni salariali

La gravità delle misure di risparmio inserite nel Preventivo 2024 spinge tutte le sedi cantonali di scuola media superiore, dopo le risoluzioni già adottate da diversi collegi di docenti nello scorso mese di novembre, a manifestare congiuntamente preoccupazione e dissenso. Auspichiamo che questa reazione corale, indicativa del livello d’indignazione suscitata dai nuovi tagli al servizio pubblico e alla scuola, a cui si aggiungono quelle di altri ordini scolastici e professionali, possa trovare ascolto all’interno della società e indurre le istituzioni a tornare sui propri passi.

Esprimiamo preoccupazione per gli effetti diretti che molti dei provvedimenti avranno su tutta la collettività, e dunque anche sulle nostre allieve, sui nostri allievi e sulle loro famiglie. In particolare, i tagli previsti alla spesa sociale causeranno un ulteriore indebolimento del tessuto comunitario in una fase di congiuntura economica sfavorevole, in cui da più parti si segnalano i pericoli derivanti dalla perdita di potere d’acquisto e dall’aumento dei livelli di povertà.

Manifestiamo il nostro categorico dissenso verso le misure preventivate, che si inseriscono a tutti gli effetti in quella categoria di ‘tagli drastici’ e di ‘sacrifici insopportabili’ che nella campagna elettorale sul cosiddetto decreto Morisoli erano stati esclusi, ma che ora la classe politica presenta come necessarie misure di contenimento della spesa.

Per quanto attiene alle condizioni d’impiego dei dipendenti pubblici, i provvedimenti annunciati prevedono di rinunciare all’adeguamento al carovita (attestatosi all’1,4% per il 2023) e di prelevare, quale ‘contributo di solidarietà’ (ma solidarietà verso chi?), un ulteriore 2% dai salari superiori ai 60’000 franchi al 100%. Sommando a questi tagli indiscriminati anche l’aumento dello 0,8% dei contribuiti per il secondo pilastro deciso di recente, si arriva a una riduzione salariale di quasi il 4%.

Tale decurtazione di salario s’inserisce in una costante tendenza al peggioramento delle condizioni di lavoro avviata dagli anni Novanta (si veda il riquadro 1). Anche a fronte della crescente complessità dei compiti affidati all’amministrazione pubblica e alla scuola, questa cospicua riduzione salariale è oltraggiosa, perché lede la nostra dignità di lavoratori e lavoratrici, e contribuisce a rafforzare un immaginario negativo, costruito attorno a dipendenti pubblici e docenti, che ci svilisce e ci offende.

Non possiamo più accettare interventi unilaterali, e sempre al ribasso, sulle nostre condizioni lavorative e salariali. Il contenimento della spesa del Cantone Ticino non può avvenire attingendo ai salari e alle pensioni dei dipendenti pubblici: non sono risorse a disposizione di chi è chiamato a governare.

2. La condizione dei docenti e della scuola

Mentre negli ultimi trent’anni il governo e il parlamento hanno preso le decisioni sui propri dipendenti, sopra ricordate in dettaglio, la situazione lavorativa dei docenti e di tutto il personale pubblico è sensibilmente peggiorata.

Gli insegnanti devono rispondere in misura crescente alle esigenze di allievi e allieve, agendo in modo sempre più mirato e personalizzato e adottando misure e protocolli ad hoc: ad esempio per difficoltà e specificità di varia natura (comportamentali, psico-cognitive, fisico-motorie, socioculturali). Sempre più spesso i docenti devono adottare forme didattiche nuove e sperimentali, che comportano maggiori responsabilità e oneri lavorativi, derivanti anche dalla necessità di incrementare la collaborazione con i colleghi e con altre figure professionali (mediatori, orientatori, psicologi, psichiatri, logopedisti, medici specialisti), o con genitori sempre più desiderosi di incontri e di riscontri. A tale aumento dell’impegno quantitativo e qualitativo del lavoro non ha corrisposto un aumento proporzionale delle risorse per il corpo docente (a partire dal tempo a disposizione), né della qualità delle strutture logistiche (basti constatare la carenza di aule e di spazi adeguati in diversi istituti). Così, all’attività didattica prevista per legge, si aggiungono sempre più oneri e mansioni che non hanno il dovuto indennizzo salariale e a volte neanche la necessaria tutela professionale: ne indichiamo alcuni nel riquadro 2, soltanto a titolo esemplificativo.
Malgrado le nuove misure di risparmio rappresentino l’ennesimo segnale di scarsa considerazione, noi docenti dei licei cantonali e della Scuola cantonale di commercio cercheremo, come abbiamo sempre fatto, di garantire ai nostri allievi e alle nostre allieve una formazione di qualità. Tuttavia, anche il Cantone deve fare la sua parte, nella tutela delle condizioni di lavoro che offre e offrirà agli insegnanti: non si pensi che la politica di tagli sui salari e l’aggravio delle mansioni non abbiano conseguenze sull’attrattività della professione, e che non abbiano ricadute negative sulla qualità del lavoro dei docenti.

Ecco perché con questa risoluzione protestiamo a una voce sola, e ci dichiariamo pronti a intraprendere misure incisive per difendere i nostri salari e la scuola. Perché è giusto che lo Stato, come ogni altro datore di lavoro, onori i propri impegni. Perché è necessario che tuteliamo la nostra dignità professionale, trattata con miopia e superficialità. E perché vogliamo difendere la qualità della scuola pubblica ticinese, nonostante la volontà politica di colpirne, nel corpo docente, la risorsa fondamentale.

Riquadro 1: Condotta del datore di lavoro: uno stillicidio di penalizzazioni

Dal 1993 a oggi i dipendenti cantonali hanno subito per ben 8 volte un mancato adeguamento del carovita, con effetti salariali che si ripercuotono su tutto l’arco della carriera.
Nel 1995 per i dipendenti pubblici si è aumentato da 30 a 40 anni il tetto massimo di contributi per la pensione.
Dal 2004 i docenti cantonali devono insegnare per un’ora-lezione in più alla settimana (che equivale a un aumento di circa il 5% dell’onere lavorativo).
Dal 1997 al 2014 i dipendenti pubblici senza esperienza pregressa sono stati assunti con una riduzione di due classi di stipendio; in aggiunta, soltanto i docenti hanno perso anche due scatti di anzianità; ne è seguita una lunga vertenza giudiziaria ancora irrisolta e una penalizzazione di carriera mai sanata.
Dal 1997 a oggi i dipendenti pubblici hanno subito ben 4 blocchi degli scatti di anzianità (i docenti, date le altre penalizzazioni concomitanti, “solo” 3), con conseguenze che gravano sui salari per tutta la carriera successiva. A questi si aggiunge, nel 2018, un
nuovo blocco parziale con il passaggio dalla vecchia alla nuova scala stipendi.
Dal 1998 a oggi i dipendenti pubblici hanno già subito 7 ‘contributi di risanamento’ o ‘di solidarietà’: quello del 2024 sarebbe l’ottavo.
Nel 2012, con la riforma del secondo pilastro, governo e parlamento hanno imposto ai dipendenti della Cassa Pensione cantonale una riduzione del 20% ca. delle rendite pensionistiche, hanno deciso di non risanare integralmente la cassa e hanno sbagliato le previsioni dei costi per gli anni successivi.
Nel 2023 il Gran Consiglio ha votato contro il Messaggio del Consiglio di Stato che chiedeva l’attribuzione all’IPCT di 500 milioni di franchi per compensare gli errori delle previsioni del 2012, impedendo alla cassa di rispettare il suo piano di risanamento e
aggravandone l’indebitamento quotidiano, tuttora in corso, causando peggioramenti e ulteriori rischi di copertura previdenziali sui lavoratori affiliati (riduzione delle rendite vedovili, abbassamento del tasso di conversione, basso accreditamento e rendimento degli averi di vecchiaia individuali).
Nei prossimi mesi, invece del Consiglio di Stato, sarà un referendum popolare oppure un verdetto del Tribunale federale a decidere se i lavoratori affiliati all’IPCT subiranno un ulteriore calo del 15% ca. delle proprie rendite pensionistiche o se il datore di lavoro si assumerà una parte dei costi delle misure di compensazione dell’abbassamento del tasso di conversione.

 

 

Riquadro 2: Alcuni compiti assunti dai docenti senza congruo riconoscimento

  • Aggravi dell’attività lavorativa didattica non conteggiati (come la gestione della differenziazione pedagogica, la preparazione di materiali studiati ad hoc per allievi e allieve con disturbi specifici dell’apprendimento, o partecipanti a scambi linguistici e intercantonali, le riunioni con i colleghi e le colleghe per pianificare progetti e attività interdisciplinari,…).
  • Impegni serali programmati sempre più spesso fuori dall’orario di lavoro (ad esempio, consigli di classe e riunioni dei genitori possono impegnare un insegnante per molte sere di diverse settimane consecutive).
  • Il lavoro dei docenti all’interno delle commissioni del collegio e nei gruppi di materia non è adeguatamente riconosciuto, così come l’impegno di chi assume la presidenza e la vicepresidenza del collegio.
  • Chi si fa carico dell’organizzazione delle gite scolastiche si assume a titolo volontario, e anzi a suo rischio e pericolo: l’onere aggiuntivo richiesto dal lavoro di pianificazione, dall’organizzazione e dall’evasione delle pratiche burocratiche; un impegno ininterrotto nelle uscite di più giorni che supera largamente i limiti legali dell’orario di lavoro, senza che sia nemmeno garantito il riposo notturno, e per il quale non è offerto nessun indennizzo, neanche a chi ha un contratto a tempo parziale; la responsabilità sugli studenti, a tutela della quale non vi è nessuna copertura assicurativa; l’utilizzo di telefoni e conti bancari personali.
  • Analoghe condizioni pesano su uscite di una singola giornata, o altre attività fuori dall’orario scolastico (come la partecipazione a spettacoli teatrali e artistici, a momenti sportivi o a feste e animazioni che coinvolgono gli studenti): sono occasioni preziose e arricchenti, ma per le quali il nostro contributo non è considerato lavoro.