Dopo attenta lettura del documento Profilo e compiti istituzionali dell’insegnante della scuola ticinese il corpo docenti della SM di Pregassona in riunione plenaria ha deciso di sottomettervi le seguenti osservazioni.
• Riteniamo eccessiva la lunghezza del documento che, nell’evidente desiderio di enumerare tutti gli aspetti che coinvolgono la vita del docente, travolge il lettore con troppi punti spesso ridondanti, fumosi e che restano talvolta aperti a molteplici interpretazioni.
Questa ci pare una conseguenza diretta del fatto che il profilo pretende di voler definire il docente di diversi ordini scolastici del cantone, dimenticando che i bisogni e le necessità degli utenti variano notevolmente secondo l’età, come pure ignorando la diversa formazione disciplinare dei docenti di diversi ordini scolastici. A titolo di esempio, in una affermazione quale “L’insegnante conosce in modo adeguato i contenuti che insegna” (pag. 5), l’aggettivo “adeguato” ci risulta quanto meno riduttivo: noi riteniamo che un insegnante della scuola media o della scuola post-obbligatoria debba conoscere la sua disciplina in modo approfondito e specialistico. Tale descrizione calza invece a pennello a un docente della scuola primaria, la cui specializzazione è didattica e non disciplinare.
• Osserviamo che “[il] documento fornisce indicazioni […] per quanto riguarda l’ammissione dei candidati, per la definizione dell’offerta formativa iniziale e in corso di carriera; […] per quanto attiene all’assunzione dei docenti, ma anche per la vigilanza sull’insegnamento; [per la] gestione del corpo docente.”
Però il profilo del docente che emerge dalla lista di 100 item sembra più corrispondere ad un idealtipo weberiano, chiaramente astratto e irraggiungibile, che alla descrizione di un essere umano, lasciando così spazio non solo a una pletora di critiche e osservazioni non pertinenti da parte di tutti i lettori estranei al settore, ma pure al totale arbitrio da parte delle figure e istituzioni cui è rivolto (DFA, IUFFP, DECS, Municipi, Direzioni). Inoltre, in caso di controversie, quale sarà l’ente/foro di riferimento?
• Nell’introduzione si dice che “il profilo può assumere una funzione positiva nel rendere maggiormente visibile il lavoro del docente concorrendo così a rafforzarne l’immagine sociale” (pag. 2).
C’è da chiedersi se siamo messi così male da dover mettere nero su bianco quanto facciamo, nella speranza che qualcuno se ne accorga e lo apprezzi. Riteniamo che chi vuol prenderne atto, già ora lo faccia: non sono poche infatti le persone che esprimono riconoscenza e rispetto per la nostra professione.
• Il docente del futuro sarà ancora un docente di materia? Da moltissimi punti del profilo emerge un docente che è soprattutto operatore sociale, si occupa, cura, sostiene, relaziona.
Ci permettiamo tuttavia di osservare che nel profilo professionale vigente per gli operatori sociosanitari (Profilo di qualificazione operatore socio sanitario / operatrice sociosanitaria AFC) viene indicato come lo stesso opera e si comporta professionalmente nei confronti dell’utenza. A nostra conoscenza, in nessun profilo professionale si indica quali siano gli aspetti caratteriali del professionista, come debba essere come persona.
In breve, tutta la parte dedicata al profilo personale del docente non ha ragione di esistere.
• La Legge della scuola all’art.46 recita: “Al docente sono riconosciute la libertà d’insegnamento e l’autonomia didattica, nel rispetto delle leggi, delle disposizioni esecutive e dei programmi.”; il documento Identità professionale del docente. Rapporto finale del 2007 afferma nella sua introduzione: “La libertà e la responsabilità con cui il docente interpreta e trasmette la cultura, è elemento essenziale della sua identità” (pag. 1); il Profilo della professione docente (CDPE, 2003) indica: “[I docenti] per assolvere [ai propri compiti], devono disporre di un margine di libertà nella scelta dei contenuti e delle modalità di realizzazione, oltre che di capacità per farne un uso ragionevole” (pag. 10).
In seguito alle richieste del corpo docente, nel messaggio sulla nuova legge sull’aggiornamento dei docenti è pure stato inserito a chiare lettere che tra le forme di aggiornamento riconosciute ci sono le iniziative personali.
In questo documento invece la libertà didattica non viene affatto menzionata. Viene in più punti ribadito che l’insegnante “è aperto verso critiche mosse da altri”, “è portato a riflettere sulle proprie convinzioni e sulle proprie pratiche professionali in modo critico” – richieste senz’altro legittime – ma in che modo? La risposta è che esso “deve essere pronto a rimettere in discussione in modo anche profondo alcuni concetti, modelli e convinzioni di fondo, alla luce dei risultati della ricerca condotta nell’ambito delle scienze dell’educazione.” (pag. 8). La nostra traduzione di tale affermazione è che nulla valgono le riflessioni elaborate da un professionista durante la sua carriera se non collimano con l’ultima vague lanciata dalle torri d’avorio della pedagogia.