5 maggio 2015

Il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport ha aperto una discussione pubblica sul documento intitolato “La scuola che verrà. Idee per una riforma tra continuità e innovazione”, pubblicato nel dicembre 2014. Il Collegio dei docenti della Scuola media di Agno, riunitosi in data 5 maggio 2015, partecipa alla discussione formulando le seguenti considerazioni, il cui contenuto è stato approvato a maggioranza.

In seguito a un’accurata lettura del documento, riteniamo di poter affermare che nella riforma proposta non mancano spunti interessanti e principi validi e condivisibili. Il progetto presentato rappresenta certamente una preziosa occasione di rinnovamento per la scuola che, dal nostro punto di vista, va colta.
D’altro canto mancano nel documento chiari e definiti punti di riferimento – sia dal profilo strutturale, sia da quello educativo – per una concreta applicazione del progetto. È stato ripetutamente affermato che il progetto si trova in una fase intermedia di elaborazione e che quindi bisogna attendere ulteriori approfondimenti, ma proprio per questo ci risulta difficile esprimere un’opinione fondata su di esso senza conoscere la traduzione pratica che si vuole dare ai principi enunciati. Nascono infatti spontanei dei dubbi su come possano essere introdotti laboratori, atelier, giornate e settimane progetto, splitting delle classi, gruppi di studio, gruppi ridotti, senza nel contempo aumentare il numero delle ore lezione, senza ridurre la dotazione oraria delle materie, senza interrompere la continuità didattica e senza modificare sostanzialmente le infrastrutture e gli spazi attualmente esistenti.

Anche per quanto riguarda i principi generali, abbiamo qualche perplessità. Da una parte infatti l’enfasi posta sulla differenziazione pedagogica rischia di portare a un’eccessiva semplificazione delle competenze e dei contenuti richiesti agli allievi; dall’altra, ci pare che il documento presupponga, non senza una certa contraddizione, una concezione utopica dell’allievo, presentato come una persona sempre assetata di apprendere.
Entrambi questi aspetti, possono forse essere ricondotti a una visione riduzionista dell’educazione, che, anziché come una relazione personale e sociale complessa e con infinite variazioni, viene presentata come un “meccanismo” tenuto a funzionare bene a priori. Un “meccanismo” dal quale gli “inceppamenti” o difficoltà vanno semplicemente rimossi, con conseguente deresponsabilizzazione degli allievi e delle loro famiglie.
Il rischio è che gli ostacoli, la fatica, gli insuccessi siano solo apparentemente “rimossi” da una scuola che offrirebbe per finire a tutti una licenza senza una funzione selettiva in rapporto ai percorsi post-obbligatori.
Sui docenti della scuola dell’obbligo ricadrebbe la responsabilità di adattare sempre e comunque i percorsi formativi, allo scopo di poter attestare a tutti gli alunni una preparazione che non risulti discriminatoria per quanto riguarda le successive scelte in ambito formativo. Pur concordando sul fatto che nella scuola dell’obbligo le difficoltà dell’apprendimento non debbano essere eccessive, soprattutto per una parte degli allievi, ci chiediamo se così non verrebbero a mancare importanti incentivi che attualmente spronano gli allievi e le famiglie verso il raggiungimento degli obbiettivi. La difficoltà,
l’ostacolo, considerati nell’ottica dell’educazione concepita come relazione personale, non devono essere visti solo come “inceppamenti” di un meccanismo, come fattori negativi, ma come altrettante occasioni educative, di crescita, di evoluzione, di formazione del carattere.

Desideriamo inoltre far notare la posizione difficile nella quale viene messa la figura del docente di classe, chiamato a orientare attivamente, anzi a “convincere” (p. 26) allievi e famiglie verso il percorso formativo più confacente, sia all’interno della scuola dell’obbligo stessa, sia nelle scelte post-obbligatorie. La pressione, da un lato delle famiglie che ben difficilmente accetterebbero imposizioni e consigli, dall’altro dell’istituzione che premerebbe in favore di scelte “economicamente” sostenibili (evitando la corsa all’iscrizione ai licei data da una licenza senza limiti), sarebbe molto alta e ricadrebbe in toto sul docente di classe, già gravato in molti modi. Al contrario, tenendo conto anche del fatto che i docenti non hanno in questo campo una competenza “tecnica”, occorrerebbe a nostro parere potenziare i servizi di orientamento professionale.
Venendo alla proposta dell’introduzione di una valutazione scritta “per competenze” accanto alle note, crediamo che essa presupponga da un lato una conoscenza approfondita del singolo allievo, garantita solo nel caso di una docenza di classe sull’arco di quattro anni, e dall’altro un’ulteriore pesante responsabilità per i docenti, chiamati a pesare ogni parola di una valutazione che può comportare oggettive conseguenze per il ragazzo in relazione alle sue scelte scolastiche e professionali future.

Sottolineiamo inoltre le concrete difficoltà nella realizzazione del progetto dovute al suo costo in termini economici. Una riforma di ampio respiro come quella prospettata in “La scuola che verrà” richiede consistenti investimenti finanziari, sia in vista dell’adattamento delle infrastrutture, sia per il necessario incremento delle risorse umane.
Una realizzazione parziale di questo progetto potrebbe facilmente portare al suo fallimento. Il nostro timore è che l’aumento della pressione sui docenti, tenuti a offrire ad allievi e famiglie quanto di allettante il progetto promette, senza disporre dei mezzi necessari, peggiorerebbe di fatto l’offerta educativa a scapito degli allievi e delle loro famiglie.

Ancora, ci chiediamo quali possano essere i reali vantaggi di orari irregolari nel corso della settimana o dell’anno scolastico. In un video pubblicato sul sito “La scuola che verrà”, Emanuele Berger afferma: “Chi ha detto che ogni settimana ci debbano essere le stesse lezioni?” Questa idea, che in linea di principio può essere condivisibile, pone anche dei problemi, in quanto, realizzata nel contesto di una società che già tende a destrutturare e a individualizzare tutto (a cominciare in molti casi dalla famiglia), potrebbe accrescere il senso di disorientamento di molti ragazzi. La regolarità dei tempi e dei ritmi scolastici non risponde forse a un reale bisogno di ordine e contenimento da parte dei ragazzi?
Per finire, invitiamo a non sottovalutare le possibili conseguenze negative sulla continuità didattica che l’orario modulare previsto per alcune materie potrebbe provocare, e a tener conto dell’impatto negativo sul lavoro educativo e didattico di collaborazioni imposte tra docenti con visioni e filosofie diverse: se cercate e volute, esse costituiscono un indubbio arricchimento; calate dall’alto, contribuirebbero invece a indebolire la libertà didattica per legge riconosciuta ai docenti della scuola ticinese.

Per tutti questi motivi attendiamo, per poter esprimere un chiaro giudizio sul progetto, che esso venga determinato con più precisione, tendendo conto delle nostre perplessità e dei nostri timori.

Per il collegio dei docenti della scuola media di Agno,
La presidente
Lara Pfyffer Gianocca