Presso la nostra sede il documento “La scuola che verrà” è stato oggetto di studio individuale e di una riflessione comune, sfociata nella costituzione di un gruppo di lavoro. Gli esiti di quest’analisi sono poi stati presentati e dibattuti in forma plenaria.

Il testo in esame ha l’indubbio merito di focalizzare l’attenzione del cittadino e degli addetti ai lavori sulle difficoltà che il mandato educativo della scuola sta incontrando nel rapportarsi con le sfide della società contemporanea.  Nell’attuale temperie storica e culturale emerge infatti, rispetto al passato, un’evidente differenza: da un contesto sociale in cui il termine “formazione” era comunemente percepito come “comunicazione di cultura per costruire una solida personalità”, si è passati ad un altro in cui il medesimo vocabolo viene utilizzato secondo l’accezione prevalente di “creazione di competenze e “capitali umani”. Palese appare, in quest’ottica, l’intento di subordinare le finalità della scuola alle esigenze dell’economia e del mercato del lavoro sganciandole dalla dimensione etica e negando loro, in sostanza, una dignità autonoma.

Nel documento sottopostoci questo indirizzo è ben delineato e documentato: strumentalizzazione utilitaristica del sapere, predominanza del fare, controllo quasi ossessivo dei progressi e delle lacune dell’allievo sotto forma di elenco, sempre aggiornato, in cui vengono descritte minuziosamente le competenze acquisite (profilo dell’allievo), sono tratti inequivocabili che rinviano a una precisa concezione della scuola e del rapporto educativo.

A monte di ogni considerazione il collegio ritiene che, prima di avviare un ambizioso progetto di riforma, sarebbe stato importante prendere le mosse da un’analisi critica, sia interna alla scuola, sia esterna ad essa, per stabilire con chiarezza esigenze, priorità ed urgenze dettate dal mutato contesto storico e culturale. Il presente pronunciamento, quindi, non può definirsi una precisa e dettagliata entrata in materia e si limiterà a trattare quelle proposte che hanno suscitato perplessità o dubbi riguardo all’efficacia della loro introduzione. Si eviterà, invece, di citare quei principi basilari di equità e giustizia sociale largamente condivisi, i quali rappresentano un elemento di continuità e sono la base di ogni scuola aperta e democratica, tesa ad avvicinare alla cultura anche coloro che, per condizione sociale, ne sono abitualmente lontani.

Alcune considerazioni, nell’ottica sopra esposta, ci sembrano comunque imprescindibili.

In primo luogo, riflettendo sulla proposta in esame e sugli stimoli spesso contraddittori che periodicamente vengono introdotti nell’universo scuola si ha la sensazione che esistano più centri di pensiero (quello pedagogico-organizzativo da una parte e quello contenutistico dall’altra parte) che non lavorano in sintonia. Siamo chiamati, infatti, a pronunciarci sugli aspetti didattici senza conoscere quali saranno i piani di studio.

Come diretta conseguenza di ciò rileviamo un’abnorme e sproporzionata preoccupazione nei confronti delle strategie metodologiche e delle procedure d’insegnamento. L’eccessiva frammentazione del gruppo-classe, l’incrinarsi del principio della continuità didattica, lo svilimento dell’autonomia professionale del docente, l’introduzione di un sistema di valutazione molto complesso, che ha come oggetto la mobilizzazione non solo delle conoscenze, ma pure di abilità, attitudini, capacità tra loro diversificate e non sempre facili da valutare in modo omogeneo e coordinato,  sembrano essere i tratti caratteristici di un’istituzione scolastica che, paradossalmente, pare incamminarsi, in contrasto con gli intenti di equità, libertà ed inclusione più volte reiterati, sulla strada della complicazione, del controllo, dell’elefantiasi burocratica e del soggettivismo.

Il collegio docenti della scuola media di Balerna auspica invece una scuola:

  • nella quale il gruppo-classe, la relazione e la convivenza sociale abbiano ancora un ruolo fondamentale nella crescita e nello sviluppo del senso critico.
  • in cui la libertà dell’allievo venga educata nel rapporto con l’adulto e non concepita astrattamente come una possibilità illimitata di scelte tra opzioni fra loro teoricamente equivalenti.
  • dove le singole discipline siano la modalità privilegiata attraverso cui avviene l’educazione della persona.
  • nella quale la figura del docente sia concepita come quella di un autentico maestro e non venga ridotta a quella di un “coach”, gestore ed organizzatore di risorse.

Il collegio docenti, inoltre, è profondamente convinto che in ambito educativo occorra  salvaguardare, tenendo conto dell’età degli allievi e dello specifico mandato assegnato ad ogni ordine scolastico, una profonda connessione tra istruzione ed educazione, pena l’instaurarsi di due possibili derive:

  • quella di un’istruzione che rifiuta il mandato educativo ritenendolo dannoso per la qualità dell’insegnamento (nozionismo).
  • quella di un’educazione che trasforma le discipline in meri strumenti didattici per la realizzazione degli obiettivi educativi.

L’enfasi sulle competenze (disciplinari e trasversali) e sugli apprendimenti generali non può non renderci attenti al rischio di una deriva del secondo tipo. L’implementazione dell’educazione alle scelte, per come (almeno in un primo momento) è stata condotta (imposta), per come ha trasformato le discipline in “pretesti” per incrementare la capacità di orientarsi (artificiosità delle proposte), è stata, in questo senso, una chiara avvisaglia.