In questi primi mesi dell’anno scolastico alcuni collegi dei docenti hanno preso posizione in modo critico in merito alle modalità con cui il Regolamento della formazione continua dei docenti prevede che sia certificata l’attività di aggiornamento. Come Movimento della Scuola avevamo a suo tempo, in occasione della formulazione della nuova legge, avanzato una serie di perplessità che ci pare ora siano nella sostanza rilanciate da alcune di queste prese di posizione. Ne pubblichiamo due, che ci paiono condivisibili ed emblematiche di un malumore diffuso tra gli insegnanti:

  • la lettera scritta dagli insegnanti della scuola media di Barbengo;
  • il documento votato dal collegio docenti della scuola media di Morbio Inferiore, accompagnato dalla lettera di risposta delle direttrice della Sezione Insegnamento medio del DECS.

Gentili Signori,

cogliamo l’occasione della stesura del rapporto di fine quadriennio relativo alla formazione continua dei docenti, tema su cui il plenum della nostra sede a più riprese si è chinato, per condividere (e ribadire) una riflessione non tanto in merito al “carico di lavoro” (del resto non certo particolarmente oneroso) che la nuova legge impone, bensì, aspetto ben più rilevante, sul significato e sullo spazio di cui le attività di “formazione continua” dovrebbero godere all’interno dell’attività professionale dell’insegnante.
Tralasciando le ampiamente prevedibili e previste criticità operative cui sarebbero andati incontro esperti e direttori nel raccogliere, esaminare e valutare una così cospicua quantità di documenti, e non soffermandoci ulteriormente sulle oggettive difficoltà pratiche insite nella procedura (macchinosità burocratica dei sistemi di iscrizione ai corsi e registrazione della loro effettiva frequenza, ridondanza dei contenuti espressi, inutilità del rapporto conclusivo del quadriennio), già del resto evidenziate nelle prese di posizione di altre sedi (che condividiamo in gran parte), riteniamo che l’attivià di insegnante dovrebbe configurarsi, in primis, nei termini di
un impegno intellettuale, all’interno del quale il tempo dedicato allo studio, alla ricerca, all’aggiornamento disciplinare e didattico dovrebbe considerarsi preponderante.
Sono essi tratti costitutivi, intrinsecamente correlati alla professione docente, che si concretizzano in moltissime pratiche atte a rispondere al diritto e al dovere dell’insegnante di aggiornare la propria formazione, i propri studi, le proprie pratiche. Si tratta di occasioni (letture, incontri, dibattiti, conferenze, spettacoli, viaggi, confronto con i colleghi, organizzazione di progetti comuni, esperienze nelle classi stesse) non certo facilmente misurabili né quantificabili, che vengono spesso svolti in autonomia, o comunque al di fuori dei contesti “ufficiali”, senza per questo risultare meno “utili” allo scopo, anzi.
Riconoscere questo carattere “naturale” e “spontaneo” sarebbe il primo passo per sviluppare una vera cultura e promozione della “formazione continua”, fondata ovviamente su una medesima visione della professionalità degli insegnanti e sulla fiducia del datore di lavoro nei confronti degli stessi. Constatiamo invece, con una certa delusione, che negli ultimi anni (e il documento di resoconto – che in nessun modo, per le ragioni sottolineate in precedenza, è in grado di dare una visione oggettiva e completa dell’attività di aggiornamento dei docenti – ne è solo l’ultimo esempio), a dominare la scena sono espressioni come “monitoraggio”,
“pilotaggio”, “rendere conto”, “documentare”, “quantitativo minimo”, molto lontani dallo spirito con cui molti insegnanti interpretano e svolgono le loro attività di aggiornamento professionale (e il loro lavoro in senso lato), il cui carattere “nobile” viene invece addirittura svilito dalle nuove richieste e dalla loro natura eminemente burocratica e “quantitativa”. Ecco
allora come una parte rilevante dell’attività professionale del docente, anziché essere sostenuta e incoraggiata attraverso la creazione di condizioni adatte (sgravi orari, congedi…), sia ridotta a strumento di controllo per distinguere il buono (quello che raggiunge il “quantitativo minimo”, quello che frequenta molti corsi “ufficiali”) dal cattivo docente.
Ci si chiede dunque se non sia necessario tornare a discutere anche pubblicamente dei tratti costitutivi della professionalità dell’insegnante, chiedendosi nel contempo se essi siano realmente condivisi tra i quadri dirigenti e chi opera quotidianamente nelle classi.

Con i migliori saluti
Per il plenum della Scuola media di Barbengo,
Nina Pusterla, presidente


Presa di posizione in merito al Regolamento sulla formazione continua dei docenti

Gentile signora Zaninelli,

Il Collegio docenti della scuola media di Morbio Inferiore, riunitosi il 28 agosto 2019, ha deciso di appoggiare la presa di posizione della scuola media di Bellinzona 2 (del 18 dicembre 2018) sul Regolamento riguardante la formazione continua dei docenti.

Come ben espresso nella presa di posizione della scuola media di Bellinzona 2, il documento richiesto ai docenti genera un’eccessiva mole di lavoro a tutte le parti coinvolte (docenti, direzioni ed esperti), incomprensibile rispetto allo scopo dichiarato. Infatti, se la finalità è di verificare la qualità e la frequenza della formazione continua degli insegnanti (che può essere condivisibile), tale strumento ci sembra decisamente ridondante.

Perché compilare un rapporto quando i corsi organizzati dal Dipartimento o dal DFA, una volta frequentati, sono già regolarmente registrati? E perché compilare un ulteriore protocollo, quando occorre già, per gli altri corsi di formazione, riempire un modulo specifico chiarendone contenuti e finalità?

I docenti hanno già espresso, a più riprese e in diverse occasioni, riflessioni e osservazioni non solo sui corsi di formazione seguiti, poli inclusi, ma anche sulle riforme in atto e sulle implicazioni del nuovo Piano di studio. Spesso queste considerazioni sono sfociate in articolate prese di posizione a cui, altrettanto spesso, non è stata data alcuna risposta.

In conclusione, ribadiamo quanto scritto nella presa di posizione di Bellinzona 2, cioè che tale procedura sembra avvalorare la tendenza a considerare l’insegnamento come una serie di operazioni burocratiche e i docenti come dei meri funzionari esecutori.

Dunque, alla luce di tali osservazioni, il Collegio dei docenti della scuola media di Morbio Inferiore, ha deciso di non compilare il questionario richiesto.

Morbio Inferiore, il 28 agosto 2019                                            

Il Presidente del Collegio

Roberto Salek