(intervista verosimile costruita a partire da vicende realmente vissute nella scuola media ticinese)

di Movimento della Scuola

Questa è la storia di un adolescente di nome Fabian, nome di fantasia, che ha 13 anni e non frequenta più la scuola. Gioca online, gioca quasi tutta la notte. Quando si sveglia verso l’ora di pranzo è solo, perché sua mamma è al lavoro, mangia qualcosa e si rimette a giocare. Il suo mondo è ormai la sua stanza e nessuno sembra riuscire a tirarlo fuori da lì. Certo, ci hanno provato in tanti, ma, in fondo, nessuno veramente. Noi siamo riusciti ad entrare in quella camera e a parlare un po’ con lui per farci raccontare come si arriva a non frequentare più la scuola, che cosa hanno fatto i tanti adulti che si sono occupati di lui e perché hanno tutti fallito.

Ciao Fabian, prima di tutto vorrei chiederti come stai.

Difficile dirlo, spesso mi sento bene, anche se in alcuni momenti mi mancano gli amici. Loro, all’inizio, cioè quando ho iniziato a non andare a scuola, mi hanno pure cercato. Per un po’ ho risposto, ma poi non sapevo più cosa dire e quindi ho iniziato ad ignorare i loro messaggi. In realtà ho degli amici, cioè, non li conosco personalmente, ma viviamo tante avventure insieme online. Con loro chatto e gioco in rete.

Tu hai mai incontrato qualcuno di questi amici con cui parli online?

No, no, sinceramente non so nemmeno che faccia abbiano o quanti anni possano avere; penso abbiamo la mia età, ma potrebbero anche essere molto più grandi.

E quindi raccontaci com’è la tua giornata.

Ultimamente mi sveglio molto tardi, spesso è quasi ora di pranzo perché mi addormento verso le 4 o le 5 di mattino. Mia mamma non torna nemmeno a pranzo, ma mi lascia sempre qualcosa da mangiare. Mangio quindi un po’ e poi mi rimetto a giocare o a chattare con i miei amici.

Ma non avresti voglia di uscire?

Non più, ormai sono abituato così e non mi va di uscire. Considera che anche tutta l’estate l’ho passata rinchiuso in camera. Sinceramente il mondo là fuori non mi interessa.

Lo sai, vero, che andare a scuola è obbligatorio? Nessuno cerca di farti andare a scuola?

Uff…, ci hanno provato in tanti. Ma, tranne un educatore della scuola, nessuno è venuto a cercarmi a casa.

Raccontami un po’ meglio chi ha cercato di aiutarti.

Allora, l’elenco è veramente lungo e anche pieno di sigle, che mica le ho capite tutte. Provo a raccontarti ma non ti assicuro di ricordare tutto.

A quanto pare, la prima volta in cui sono rimasto a casa, il docente di classe e l’insegnante di sostegno hanno contattato mia mamma. Mia mamma ha quindi cercato qualcuno, uno psicologo o educatore, non mi ricordo bene, che mi aiutasse a capire cosa mi stesse succedendo. C’era pure un altro signore, che viene chiamato curatore, questo però credo che si occupasse più dei miei genitori, che litigano sempre. Lui mi sembra che scriva delle carte che poi manda all’ARP (Autorità Regionali di Protezione), però sinceramente io c’ho parlato poco, principalmente lui parla al telefono con mamma e papà.

All’inizio, da questo psicologo sono pure andato, una volta ogni due settimane. Ogni tanto saltavo un incontro e passava un mese prima che ci vedessimo di nuovo. Abbiamo parlato un po’ di giochi, mi sembrava anche esperto. Poi è arrivata l’estate ho saltato un po’ di incontri e non ho avuto più voglia di andarci. Comunque poco male, tanto lo vedevo talmente poco che mi dimenticavo pure cosa ci eravamo detti la volta precedente.

Dalla scuola sono arrivati altri richiami?

All’inizio di quest’anno scolastico è arrivato un altro tipo, questo più insistente, tanto che mi veniva a prendere sotto casa e mi portava a scuola. Dopo un po’ di tempo è stato facile mettere fuori uso anche lui: ho capito che, se non scendevo, lui non poteva salire e quindi dopo un po’ anche lui non è più venuto. Lui doveva essere un educatore della scuola. Per fortuna che ce ne sono pochi. Con tutti quelli che sono messi male, anche peggio di me, credo avesse un bel da fare e, quando io ho iniziato a non scendere più, devono avergli detto di occuparsi di qualcun altro.

Nel frattempo mia mamma mi ha trovato una nuova psicologa. Anche questa signora la vedo una volta ogni due settimane. La conosco da poco, ma lei di giochi non ci capisce niente, sinceramente non so cosa possa dirmi. Al momento ci vado solo per non sentire le urla di mia madre, ma con un po’ di fortuna riuscirò a sbarazzarmi anche di questa noia.

Ah dimenticavo, ora c’è pure un’altra signora, questa la chiamano Assistente Sociale, che lavora per l’UAP (Ufficio dell’Aiuto e della Protezione); anche lei sembra che debba compilare delle carte da mandare a questo ARP. L’ho vista poco, dice che mi sta cercando un posto dove andare, fuori casa. Questi posti si chiamano CEM (Centro educativo per minorenni), ma a quanto pare sono fortunato perché non c’è posto da nessuna parte. Dicono che abbiano cercato pure in altri cantoni o in Italia, per fortuna niente di niente! Poi figurati, con alcuni miei amici che hanno problemi con la polizia e non trovano posto nemmeno a loro, posso stare ben tranquillo.

Tutto inutile quindi?

Le ultime notizie che ho è che dovrebbe arrivare forse qualcun altro, boh, dal SAE (Servizio di sostegno e accompagnamento educativo) oppure dicono che mi ricoverano in ospedale in psichiatria, però per fortuna su questo non sono tutti d’accordo. Quello che ho capito è che tanto alla fine nessuno fa veramente niente. In tanti scrivono carte ma nessuno si è veramente occupato di me. Anche la docente di sostegno o il docente di classe della scuola hanno provato a ricontattarmi, ma è bastato non rispondergli un po’ di volte e pure loro non mi hanno più cercato.

Tu, Fabian, non sei arrabbiato che in fondo nessuno sembra riuscire ad aiutarti?

Io sono contento di rimanere a casa, figurati! E poi con tutte le persone che ho visto mica che mi sono affezionato a qualcuno. Per me sono tutti degli estranei e non mi interessa se spariscono da un giorno ad un altro.

Sai per caso in quanti siete nella tua scuola a non andarci più?

Mah, che proprio non andiamo mai credo un paio, forse tre, nella mia scuola, però mi dicono che ora in tanti bigiano. In fondo vedono che non succede niente. Però, non come me, parecchi di questi sono in giro. Pensa che qualcuno di questi passa a scuola solamente durante le pause con bottiglie di alcolici. Altri mi dicono che hanno pure problemi con la polizia e qualcuno è finito persino in carcere, ma sinceramente a me questo non interessa.

A questo punto avremmo voluto chiedere a Fabian cosa si aspettasse dagli adulti e cosa lui pensasse avrebbero potuto fare per aiutarlo, ma ci è sembrato che di questo non debba essere lui ad occuparsene.

I casi come quelli di Fabian sono in aumento, il personale che si occupa di loro è decisamente insufficiente per poter affrontare in maniera incisiva situazioni familiari e personali estremamente complesse. Le problematiche sono tante e diverse: ragazzi affetti da gravi disturbi alimentari, altri che hanno la fobia scolastica e si rifugiano in casa, oppure sono in giro a bighellonare senza meta. Altri ancora hanno comportamenti inaccettabili, relazioni sociali disturbate, tanto da necessitare di un allontanamento momentaneo dalla scuola.

Prima di tutto, bisognerebbe agire con la prevenzione: questo potrebbe avvenire in ambito scolastico se si aumentasse considerevolmente il personale che si occupa del sostegno pedagogico.

Il fatto che nelle scuole medie di primo grado un insegnante di sostegno possa avere fino a 14 sezioni (circa 260 allievi), che ci siano 6 educatori regionali per tutte le 36 sedi del cantone (circa 13’000 allievi), che gli operatori pedagogici per l’integrazione (OPI) lavorino contemporaneamente su più scuole (non riuscendo così ad integrarsi appieno in una sede di lavoro), rende molto difficile avere le risorse e il tempo necessario per occuparsi dei ragazzi che presentano i disturbi più importanti.

L’esperienza del Locarnese, dove gli incarichi per le OPI vengono riorganizzati in modo che una stessa persona possa lavorare quasi esclusivamente in una sede, permette di avere un sostegno pedagogico più efficace senza un incremento delle spese. D’altro canto, è auspicabile anche un aumento degli educatori di sede. Questo implicherebbe, però, un considerevole aumento dei costi e, al momento, non sembra esserci nessuna intenzione di favorire degli investimenti in questa direzione.

Un altro problema riguarda il fatto che gli enti esterni, sia pubblici che privati, che si occupano dei minori in difficoltà, sono tutti oberati di lavoro. Inoltre, i CEM (Centri educativi per minorenni) sono al completo e hanno lunghe liste di attesa. Questo rende quasi impossibile offrire assistenza tempestiva ai minori che ne hanno bisogno.

A nostro avviso, nelle situazioni in cui è presente un forte assenteismo scolastico, unito a problemi giudiziari o situazioni di autolesionismo, sarebbe necessario intervenire rapidamente anche a livello familiare. Se la famiglia lo accettasse, sarebbe opportuno, prima di tutto, realizzare un intervento a domicilio per intraprendere una terapia a livello familiare, dove vengano ristabiliti i ruoli e il genitore possa avere il sostegno di una figura in grado di guidarlo nel momento di difficoltà. Il terapeuta dovrebbe essere affiancato da uno o più educatori, che cerchino di “agganciare” il giovane e di tirarlo fuori dall’isolamento.

In questo senso, ci sembra che il Progetto Hikikomori PH2020, della comunità socio-terapeutica ARCO a Riva San Vitale, vada nella giusta direzione. Tuttavia, per poter far fronte al crescente numero di giovani in difficoltà, il numero delle equipe che si occupano di queste situazioni dovrebbe essere aumentato considerevolmente.

Nei casi in cui chi ha l’autorità parentale non dovesse accettare un aiuto e una guida, sarebbe importante che il ragazzo in difficoltà potesse risiedere, anche momentaneamente, in un luogo protetto, come appunto un Centro educativo per minorenni o una Comunità socio-terapeutica. Anche in questo caso, i posti a disposizione sono attualmente in numero decisamente inferiore alle richieste e conseguentemente, per questi giovani in attesa, si entra in una situazione di stallo che può perdurare per mesi se non per anni.

Al momento, ci sembra che, quando le situazioni vengono descritte e riportate alle autorità, spesso trascorra decisamente troppo tempo prima che qualcosa venga effettivamente attuato. Questo accade principalmente a causa di una grave carenza di personale e di strutture. Certamente, i tagli previsti sul fronte della sanità pubblica, che riguardano anche il personale del servizio medico psicologico per minorenni, vanno nella direzione contraria a quella auspicata.

Siamo a conoscenza dell’esistenza di un tavolo di lavoro tra il DECS-DSS. Con questo breve articolo vogliamo ricordare l’importanza e l’urgenza di trovare rapidamente delle soluzioni. Vogliamo anche far notare, che per essere veramente incisivi, vi è la necessità di congrui investimenti, sicuri che la spesa per il recupero dei giovani di oggi sia di gran lunga minore di quella che sarebbe necessaria per l’assistenza degli uomini e delle donne di domani.